Il giovane Ordine dei Servi di Maria e il “Monstra te esse matrem”

Nel 1259 papa Alessandro IV fu mosso, “Beatae Maria Virginis monitu” (per avviso della beata Vergine Maria”, come scrivono gli Annali), a concedere, con “plurimis indultis”, un aiuto al giovane ordine religioso dei Servi di Maria.
Ovvero accordò delle facilitazioni che né Gregorio IX “permittere”, né Innocenzo IV “attentare voluissent” e che, mancando, avevano ritardato il progredire dell’Ordine”. Tuttavia, per ovviare a tale ostacolo, i frati non si erano risparmiati e giorno e notte avevano rivolto orazioni alla Regina del Cielo perché al riguardo fosse loro propizia.
E Maria non mancò di concedere soccorso proprio con papa Alessandro che, poco tempo prima [1256], “a Sancto Augustino per quietem sibi apparente, fuerat monitus” (era stato ammonito da Sant’Agostino in sogno) e aveva proseguito l’unione degli Eremitani agostiniani, iniziata da Innocenzo [1243]. Quindi aveva inviato ai Servi di Maria due ‘lettere’ da Anagni, dove risiedeva.
Con la prima, datata le calende di aprile (il I), aveva fatto delle concessioni circa la sepoltura nei cimiteri “locorum” (dei conventi) di chi l’avesse lì desiderata, e con la seconda, scritta le III idi di maggio (il 13), aveva approvato l’autorità del padre generale e dei suoi successori nel “corrigere” i subordinati e nel poter esercitare le spettanze del loro ufficio.
La reazione dei frati alle lettere papali fu immediata, come scrivono gli Annali:
“Perciò, ricevendo queste lettere, i Padri furono pieni di grandissima gioia, perché vedevano che il loro Ordine aveva cominciato a stabilizzarsi e a rafforzarsi.
Quando infatti la lieta novella fu loro recata, i Padri erano alle preghiere pubbliche che recitavano per i bisogni dell’Ordine davanti all'immagine della Beata Vergine e, il giorno di sabato, stavano salmodiando e cantando nel coro di Montesenario il versetto Monstra te esse matrem.
Onde per l'avvenire decisero che le medesime parole fossero ripetute da entrambi i cori ogni volta che fosse opportuno cantare questo inno in onore della Beata Vergine; e anche se certamente ora tale usanza è ormai diventata antica, tuttavia il ricordo della beneficenza non si è estinto, quando, tra i ringraziamenti di tale tipo, “hoc tempore” fu ordinato di recitare giornalmente le litanie di Lei dopo la compieta in coro”.

Dal favore di papa Alessandro e da una particolare coincidenza dunque ebbe origine una consuetudine di preghiera dei Servi: il canto del versetto Monstra te esse matrem, appartenente all’inno Ave Maris Stella. Così recita:

Monstra te esse matrem
Sumat per te preces
Qui pro nobis natus
Tulit esse tuus.

E significa, facendo una traduzione letterale:

Mostra di essere una madre,
prenda (accetti) le preghiere tramite te
Colui che, nato per noi,
si spinse (procedette, tollerò) a essere tuo.

È però, quella letterale, una traduzione poco poetica e non si presta a essere cantata-salmodiata come invece lo è l’omologo versetto in latino, che qualcuno oggi preferisce proprio per la sua sintesi unita alla qualità musicale.
Per questa ragione in molte versioni moderne in italiano la quartina (e l’intero inno) è stata tradotta tralasciando anche qualche importante significato.
Guardando solo ai principali siti web dove è riportata l’Ave maris stella, si trova quasi sempre il versetto in questa forma comune:

“Mostrati Madre di tutti, | offri la nostra preghiera, | Cristo l'accolga benigno, | lui che si è fatto tuo Figlio.

In tempi meno recenti furono aggiunte altre strofe al versetto (e sempre all’interno inno). Il Mone al n. 496 “Super Ave Maris Stella”, Inni latini del medioevo (II, 1854) riporta una versione latina che attribuisce al secolo XV (la traduzione è mia).

Monstra te esse matrem
apud summum patrem
interveniendo.

Mostra di essere una madre, | intervenendo | presso il sommo padre.

Sumat per te precem,
qui destruxit necem
pie moriendo.

Accetti la preghiera tramite te | Colui che distrusse il peccato, | morendo religiosamente.

Qui pro nobis natus
fuit et est datus,
ad modum parvuli

Colui che è nato per noi, | è stato dato | alla maniera di un bambino,

Tulit esse tuus,
rex est perpetuus
futuri saeculi.

si spinse a essere tuo, | (ed) è re perpetuo | dell’età a venire.

Paola Ircani Menichini, 24 febbraio 2023.
Tutti i diritti riservati.




L'articolo
in «pdf»